- referendum costituzionale domenica 04/12/16: io voto "NO" -

Discussione in 'Del più e del meno' iniziata da Francesco Fusco, 17 Ottobre 2016.

  1. eolica

    eolica

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    Mi permetto di invitarvi a restare al tema in discussione : il Referendum, con il parere e le argomentazioni di chi vota Sì e quelle di chi vota NO, senza divagazioni, peraltro alcune anche interessanti,ma assolutamente fuori tema.

    Grazie
     
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  2. Carneade

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    Tralascio il resto,perchè davvero le sue sembrano solo riposte dettate da vena polemica fine a se stessa, ma su questo punto le rispondo (mi perdoni Eolica per questo ultimo ot): lei teme di dovermi rammentare cosa? avrei detto che lo nominò perchè era mentalmente instabile (Caligola)? ho solo detto che lo nominò,non ho specificato alcun motivo; è lei,caro mio che si diverte a giocare con le parole e mi attribuisce cose non vere.
    Cmq per dovere di cronaca Caligola era davvero mentalmente instabile,eccome se lo era ( e disprezzava il senato).
     
  3. Flip68

    Flip68

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    di Maria Mantello
    Per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare la “riforma” triplica il numero delle firme necessarie: da 50.000 a 150.000. Per il referendum abrogativo le firme occorrenti passano da 500.000 a 800.000.

    Il diritto di voto è il cuore della democrazia, ma i cittadini ne sono espropriati.


    Il Senato “riformato”, a cui vengono comunque attribuite tante importanti prerogative legislative - sbandierate continuamente dal presidente del consiglio - e per la vita sociale dei cittadini stessi e dello Stato, è eletto da consiglieri regionali che si eleggono tra loro. Il che aumenta per altro il peso delle consorterie di partito.
    Voto di scambio?

    La Camera dei deputati continua ad eleggerla il popolo sovrano, ma imbottigliato nell’Italicum questa sarà espressione di una minoranza: con il 40% al primo turno si ha la maggioranza assoluta della Camera ma, cosa ancor più grave e pericolosa per la democrazia, nell’eventuale secondo turno di ballottaggio, in teoria si recasse alle urne anche solo l’1% dei cittadini, sarà la volontà di tale 1% a determinare chi prenderà la maggioranza assoluta del Parlamento!

    Il vulnus al caposaldo della sovranità popolare sancito dall’art. 1 della Costituzione è palese, ma il governo “riformatore” ci racconta: la prima parte della Costituzione non l’abbiamo toccata!

    Si supererebbe il bicameralismo! Nella chiarificazione di rapporti Stato - Regioni

    FALSO - Il bicameralismo resta e per di più con una articolazione talmente confusionaria tra ruoli, competenze, rapporti delle Camere e di queste con gli Enti Locali, che sembrerebbe fatta apposta per generare conflitti e contese tra Camera e Senato, tra Stato e Regioni...

    Un bell’aumento di potere per i governativi interpreti?

    Vale la pena ricordare che il sistema del bicameralismo perfetto venne introdotto dai padri costituenti per garantire che il vaglio delle leggi della Repubblica parlamentare fosse al riparo dal pericolo di nostalgie “dell’uomo solo al comando”. E a maggior tutela contro questa eventuale deriva, si introduceva con l’art. 139 l’assoluto divieto di revisione della forma repubblica istituzionale.

    L’iter legislativo sarebbe accelerato

    FALSO - Innanzitutto resta un mistero come si possa semplificare la funzione legislativa in una complicazioni di procedure: leggi approvate da entrambe le Camere, obbligo e/o facoltatività di esame del Senato in sovrappiù di scadenza dei tempi (10 o 15 giorni). La bussola per orientarsi nell’art. 70 “riformato” è prevista?

    Ma la bussola delle priorità delle leggi da approvare è sulle ginocchia del Governo, che con l’art. 72 “riformato” «può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno».
    Nostalgie dell’uomo solo al comando?

    Il termine riforma ha significato progressista, quindi ci si sarebbe aspettati con la modifica di ben 47 articoli un incremento di democrazia istituzionale, ovvero meno Palazzo e più cittadinanza attiva.

    Abbiamo bisogno di leggi che garantiscano libertà e giustizia. Leggi di uguaglianza nei diritti e nelle pari opportunità. Leggi per rimuovere quanto è di ostacolo all’affermazione della dignità individuale e sociale. Lo stabilisce la Costituzione all’art. 3, ma gli stessi che dicono oggi di non aver toccato la prima parte della Carta, sono gli stessi che con celerità straordinaria -nonostante l’iter legislativo vigente- hanno varato leggi di smantellamento della scuola e della sanità pubblica, per non parlare del tritacarne della precarizzazione strutturale del lavoro. Il Lavoro, autonomia umana ed economica che libera dalla sudditanza e dal ricatto, e che per questo è l’incipit della vigente Costituzione. Ma il governo “riformatore” ci racconta: la prima parte della Costituzione non l’abbiamo toccata!

    Si abbassano i costi della politica

    FALSO - Portando i Senatori a 100 si incide assai poco sul risparmio dei costi per mantenere la casta politica. Allora perché stravolgere la Costituzione! Non sarebbe bastato ridurre il numero dei Parlamentari di ciascuna delle Camere e le loro milionarie prebende?

    Ma forse questo è chiedere troppo ad eletti con l’anticostituzionale porcellum!

    E poi, per risparmiare sui costi degli Enti locali o su enti inutili – come il Cnel – non basterebbero leggi ordinarie chiare ed univoche?

    Inoltre, non sarebbe il caso, visto che la laicità è supremo principio della Costituzione, di rimettere in discussione quel Concordato con la Chiesa cattolica che blocca la separazione Stato – Chiesa, mentre fa dello Stato italiano il maggior benefattore del Vaticano?

    Noi Votiamo NO

    Perché la verità di questa “riforma” è rafforzare il potere del Presidente del Consiglio. Un “capo” di Governo che avrebbe nelle proprie mani un potere di controllo smisurato nell’indebolimento della divisione dei poteri e dei necessari contrappesi oggi previsti a tutela della stessa forma istituzionale repubblicana democratica. Quella – ribadiamolo – che la nostra attuale Costituzione all’art. 139 vieta che sia cambiata.
    Diversamente è colpo di stato.
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    Ultima modifica: 9 Novembre 2016
  4. Carneade

    Carneade

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    il solito copia ed incolla di una serie di domande ed affermazioni fatte non si sa bene da chi!!
    nel senso che non si sa chi ha affermato e neppure chi è che risponde;
    quando mai Renzi o chi ha fatto la riforma ha detto che il senato scompare? secondo voi loro non sanno che il senato non scompare? eppure vedo pubblicare la risposta "falso" ad una ipotetica affermazione di non si sa chi;
    per la serie mi invento l'affermazione che voglio confutare e rispondo alla mia stessa invenzione autoproclamandomi winner!!!
    e poi ridurre il numero dei senatori non riduce i costi? ah la risposta è "si ma di poco"
    ci vogliono più firme per i referendum abrogativi? o per le leggi popolari? era ora!! (di solito la gente neppure va a votare per simili iniziative,solo sperpero di denaro,ma la "risposta" della Maria Mantello non lo dice...)
    a proposito ma Maria Mantello? chi è costei? è meno conosciuta del sottoscritto,il che è tutto dire...(Carneade...)
    mi convinco sempre più della giustezza del SI

    ps: dopo lo spauracchio del fascismo ecco quello del colpo di stato; il prossimo se ne esce con il ritorno di Pol Pot e Genghis Kan,possibilmente associati
     
    Ultima modifica: 9 Novembre 2016
  5. Carneade

    Carneade

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    Barak Obama 2 volte presidente degli USA,partito Democratico,premio nobel per la pace,è a favore di questa riforma.
    Parliamo del presidente e,ripeto,premio nobel per la pace,di una delle più grandi, evolute e democratiche nazioni al mondo.
    Lo sarebbe se davvero questa riforma minasse lo spirito democratico di una nazione come la nostra,per di più alleata storica e considerata a livello mondiale culla del diritto?
    Ma scherziamo?
    E non uscitevene con il complotto interstellare per tenere sotto scacco il nostro Paese,non siamo così importanti (ho visto un video in cui si parla della JP Morgan come ispiratrice della riforma!!!! al peggio non c'è mai limite).
    Scusatemi ma mi fido più di lui,Obama,che della Lucia Mondella.
    Ops scusatemi della Maria Mantello,la Lucia Mondella è tutta un'altra storia.
     
  6. Ziogaetano

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    La più grande democrazia del mondo ha optato per il bicameralismo perfetto da 237 anni
     
  7. Carneade

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    e quindi? mi faccia capire? io parlo di Obama e lei risponde del sistema USA
    la più grande democrazia del mondo in molti stati prevede la pena di morte (il Nebraska l'ha ripristinata proprio in questi giorni), e che c'azzecca? boh faccia lei
    ah forse c'azzecca: dovremmo ripristinare la pena di morte anche noi!
     
  8. Ziogaetano

    Ziogaetano

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    Lei parla di Obama che dal punto di vista personale può dire quello che vuole. Rimane la sua, (di Obama) opinione personale senza alcun riscontro nel congresso usa. Se l'ex presidente avesse solo osato pensare una boiata come quella del 4 dicembre, probabilmente sarebbe Stato messo sotto impeachment. Perché laggiù, la costituzione è una cosa seria.
     
  9. Flip68

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    Visto che non piace la signora MARIA agli "operatori del mantra del SI", cambiamo il Ctrl+C e Ctrl +V :D

    Appello dei costituzionalisti

    Di fronte alla prospettiva che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sia sottoposta a referendum nel prossimo autunno, i sottoscritti, docenti, studiosi e studiose di diritto costituzionale, ritengono doveroso esprimere alcune valutazioni critiche.

    Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo.

    Siamo però preoccupati che un processo di riforma, pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si sia tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell’appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione.

    1. Siamo anzitutto preoccupati per il fatto che il testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del Governo – si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare («abbiamo i numeri») anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo. La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di Governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, legittimamente voluti dalla maggioranza del momento, ma esprime le basi comuni della convivenza civile e politica. È indubbiamente un prodotto “politico”, ma non della politica contingente, basata sullo scontro senza quartiere fra maggioranza e opposizioni del momento. Ecco perché anche il modo in cui si giunge ad una riforma investe la stessa “credibilità” della Carta costituzionale e quindi la sua efficacia. Già nel 2001 la riforma del titolo V, approvata in Parlamento con una ristretta maggioranza, e pur avallata dal successivo referendum, è stato un errore da molte parti riconosciuto, e si è dimostrata più fonte di conflitti che di reale miglioramento delle istituzioni.


    2. Nel merito, riteniamo che l’obiettivo, pur largamente condiviso e condivisibile, di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto (al quale peraltro sarebbe improprio addebitare la causa principale delle disfunzioni osservate nel nostro sistema istituzionale), e dell’attribuzione alla sola Camera dei deputati del compito di dare o revocare la fiducia al Governo, sia stato perseguito in modo incoerente e sbagliato. Invece di dare vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che le coinvolgono, si è configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo: esso non avrebbe infatti poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione fra Stato e Regioni. In esso non si esprimerebbero le Regioni in quanto tali, ma rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche (alcuni consiglieri regionali eletti – con modalità rinviate peraltro in parte alla legge ordinaria – anche come senatori, che sommerebbero i due ruoli, e in Senato voterebbero ciascuno secondo scelte individuali). Ciò peraltro senza nemmeno riequilibrare dal punto di vista numerico le componenti del Parlamento in seduta comune, che è chiamato ad eleggere organi di garanzia come il Presidente della Repubblica e una parte dell’organo di governo della magistratura: così che queste delicate scelte rischierebbero di ricadere anch’esse nella sfera di influenza dominante del Governo attraverso il controllo della propria maggioranza, specie se il sistema di elezione della Camera fosse improntato (come lo è secondo la legge da poco approvata) a un forte effetto maggioritario.

    3. Ulteriore effetto secondario negativo di questa riforma del bicameralismo appare la configurazione di una pluralità di procedimenti legislativi differenziati a seconda delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato (leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta), con rischi di incertezze e conflitti.

    4. L’assetto regionale della Repubblica uscirebbe da questa riforma fortemente indebolito attraverso un riparto di competenze che alle Regioni toglierebbe quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l’ordinamento delle sole Regioni speciali). Il dichiarato intento di ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni viene contraddetto perché non si è preso atto che le radici del contenzioso medesimo non si trovano nei criteri di ripartizione delle competenze per materia – che non possono mai essere separate con un taglio netto – ma piuttosto nella mancanza di una coerente legislazione statale di attuazione: senza dire che il progetto da un lato pretende di eliminare le competenze concorrenti, dall’altro definisce in molte materie una competenza «esclusiva» dello Stato riferita però, ambiguamente, alle sole «disposizioni generali e comuni». Si è rinunciato a costruire strumenti efficienti di cooperazione fra centro e periferia. Invece di limitarsi a correggere alcuni specifici errori della riforma del 2001, promuovendone una migliore attuazione, il nuovo progetto tende sostanzialmente, a soli quindici anni di distanza, a rovesciarne l’impostazione, assumendo obiettivi non solo diversi ma opposti a quelli allora perseguiti di rafforzamento del sistema delle autonomie.

    5. Il progetto è mosso anche dal dichiarato intento (espresso addirittura nel titolo della legge) di contenere i costi di funzionamento delle istituzioni. Ma il buon funzionamento delle istituzioni non è prima di tutto un problema di costi legati al numero di persone investite di cariche pubbliche (costi sui quali invece è giusto intervenire, come solo in parte si è fatto finora, attraverso la legislazione ordinaria), bensì di equilibrio fra organi diversi, e di potenziamento, non di indebolimento, delle rappresentanze elettive. Limitare il numero di senatori a meno di un sesto di quello dei deputati; sopprimere tutte le Province, anche nelle Regioni più grandi, e costruire le Città metropolitane come enti eletti in secondo grado, anziché rivedere e razionalizzare le dimensioni territoriali di tutti gli enti in cui si articola la Repubblica; non prevedere i modi in cui garantire sedi di necessario confronto fra istituzioni politiche e rappresentanze sociali dopo la soppressione del Cnel: questi non sono modi adeguati per garantire la ricchezza e la vitalità del tessuto democratico del paese, e sembrano invece un modo per strizzare l’occhio alle posizioni tese a sfiduciare le forme della politica intesa come luogo di partecipazione dei cittadini all’esercizio dei poteri.

    6. Sarebbe ingiusto disconoscere che nel progetto vi siano anche previsioni normative che meritano di essere guardate con favore: tali la restrizione del potere del Governo di adottare decreti legge, e la contestuale previsione di tempi certi per il voto della Camera sui progetti del Governo che ne caratterizzano l’indirizzo politico; la previsione (che peraltro in alcuni di noi suscita perplessità) della possibilità di sottoporre in via preventiva alla Corte costituzionale le leggi elettorali, così che non si rischi di andare a votare (come è successo nel 2008 e nel 2013) sulla base di una legge incostituzionale; la promessa di una nuova legge costituzionale (rinviata peraltro ad un indeterminato futuro) che preveda referendum propositivi e di indirizzo e altre forme di consultazione popolare.

    7. Tuttavia questi aspetti positivi non sono tali da compensare gli aspetti critici di cui si è detto. Inoltre, se il referendum fosse indetto – come oggi si prevede – su un unico quesito, di approvazione o no dell’intera riforma, l’elettore sarebbe costretto ad un voto unico, su un testo non omogeneo, facendo prevalere, in un senso o nell’altro, ragioni “politiche” estranee al merito della legge. Diversamente avverrebbe se si desse la possibilità di votare separatamente sui singoli grandi temi in esso affrontati (così come se si fosse scomposta la Riforma in più progetti, approvati dal Parlamento separatamente).






     
  10. Flip68

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    Per tutti i motivi esposti, pur essendo noi convinti dell’opportunità di interventi riformatori che investano l’attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni, l’orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma

    Francesco Amirante, magistrato;

    Vittorio Angiolini, Università di Milano Statale;

    Luca Antonini, Università di Padova;

    Antonio Baldassarre, Università LUISS di Roma;

    Sergio Bartole, Università di Trieste

    Ernesto Bettinelli, Università di Pavia

    Franco Bile, Magistrato

    Paolo Caretti, Università di Firenze

    Lorenza Carlassare, Università di Padova

    Francesco Paolo Casavola, Università di Napoli Federico II

    Enzo Cheli, Università di Firenze

    Riccardo Chieppa, Magistrato

    Cecilia Corsi, Università di Firenze

    Antonio D’Andrea, Università di Brescia

    Ugo De Siervo, Università di Firenze

    Mario Dogliani, Università di Torino

    Gianmaria Flick, Università LUISS di Roma

    Franco Gallo, Università LUISS di Roma

    Silvio Gambino, Università della Calabria

    Mario Gorlani, Università di Brescia

    Stefano Grassi, Università di Firenze

    Enrico Grosso, Università di Torino

    Riccardo Guastini, Università di Genova

    Giovanni Guiglia, Università di Verona

    Fulco Lanchester, Università di Roma La Sapienza

    Sergio Lariccia, Università di Roma La Sapienza

    Donatella Loprieno, Università della Calabria

    Joerg Luther, Università Piemonte orientale

    Paolo Maddalena, Magistrato

    Maurizio Malo, Università di Padova

    Andrea Manzella, Università LUISS di Roma

    Luigi Mazzella, Avvocato dello Stato

    Alessandro Mazzitelli, Università della Calabria

    Stefano Merlini, Università di Firenze

    Costantino Murgia, Università di Cagliari

    Guido Neppi Modona, Università di Torino

    Walter Nocito, Università della Calabria

    Valerio Onida, Università di Milano Statale

    Saulle Panizza, Università di Pisa

    Maurizio Pedrazza Gorlero, Università di Verona

    Barbara Pezzini, Università di Bergamo

    Alfonso Quaranta, Magistrato

    Saverio Regasto, Università di Brescia

    Giancarlo Rolla, Università di Genova

    Roberto Romboli, Università di Pisa

    Claudio Rossano, Università di Roma La Sapienza

    Fernando Santosuosso, Magistrato

    Giovanni Tarli Barbieri, Università di Firenze

    Roberto Toniatti, Università di Trento

    Romano Vaccarella, Università di Roma La Sapienza

    Filippo Vari, Università Europea di Roma

    Luigi Ventura, Università di Catanzaro

    Maria Paola Viviani Schlein, Università dell’Insubria

    Roberto Zaccaria, Università di Firenze

    Gustavo Zagrebelsky, Università di Torino
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    Vedo che lei continua con le previsioni ed ora scopro la capacità di lettura del pensiero.
    Mi sorprende sempre più.
     
  12. Ziogaetano

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    L
    Le faccio un'altra facile previsione :,lei sarà tra i pochi, almeno da queste parti, a votare si. Lei è uno spot magnifico per il no
     
  14. Ziogaetano

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    P. S. Caligola era solo epilettico.
     
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    qui me la rido,mi scusi ma non ho potuto trattenere una sonora risata
     
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    sono contento,mi compiaccio con me stesso di questo;
    e pensi NON voterò come Berlusconi,Salvini, Grillo,D'Alema e Bersani:
    mi sento particolarmente allegro a tale pensiero
     
    Ultima modifica: 9 Novembre 2016
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    Ben 184 giuristi e docenti universitari, tra cui Stefano Ceccanti, Salvatore Vassallo, Roberto Bin, Stefano Pizzorno, Angelo Panebianco, Franco Bassanini e Tiziano Treu, hanno firmato un manifesto (clicca per leggere tutti i nomi) in cui spiegano perché bisogna dire Sì alla riforma costituzionale.
    184 a 56 ...
     
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    Referendum costituzionale, quasi 200 giuristi sottoscrivono il manifesto per il "Sì"
    http://www.repubblica.it/politica/2...costituzionale_manifesto_per_il_si-140453250/

    qualche copia e incolla tocca farlo...mi scoccia ma tocca farlo
    tratto dall'articolo:
    " Il testo non è, né potrebbe essere, privo di difetti e discrasie, ma non ci sono scelte gravemente sbagliate (per esempio in materia di forma di governo: l'Italia rimane una repubblica parlamentare!) o antidemocratiche. A quanti, come noi, sono giustamente affezionati alla Carta del 1948, esprimiamo invece la convinzione che - intervenendo solo sulla parte organizzativa della Costituzione e rispettando ogni virgola della parte prima - la riforma potrà perseguire meglio quei principi che sono oramai patrimonio comune di tutti gli italiani."
     

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